GIANNI PARIS PARLA DI GIUSEPPE CULICCHIA


Il magico Torino
Sono passati anni. Troppi, a dir la verità. Avevo deciso di smetterla con le recensioni. Con la voglia di parlare dei libri degli altri. Dopo tante pagine riempite di quotidiani e riviste letterarie (l'odore dei libri era il nome del mio spazio domenicale), mi era passata la voglia di diventare comparsa nelle storie altrui. In un paese troppo indifferente alle patrie lettere, era meglio leggere le storie di autori interessanti senza dover donare lo spunto di una emozione a nessun altro, se non a me stesso. Era così, per me. Lo è stato per lungo tempo.  
Del resto, scrivo romanzi senza assilli, come sanno i miei lettori. A distanza di tre o quattro anni l'uno dall'altro, faccio vivere i miei personaggi di carta. Nel 2010 è uscito Nessuno pensi male (Dario Flaccovio Editore) e nel 2014, per Meridiano Zero, ho pubblicato L'ultima scommessa, entrambi romanzi di denuncia, nella direzione presa dei libri votati al sociale e a quell'attualità che si ripete da decenni.
La copertina del nuovo romanzo del nostro
Insomma, dopo quasi dieci di astinenza dalle recensioni, mi torna la voglia per colpa di Giuseppe Culicchia, autore torinese (granata nel cuore e nell'inchiostro), conosciuto personalmente nel 2005, mio ospite in occasione di una delle tante prestigiose edizioni del festival Sei giornate in cerca d'autore (che dieci anni fa si chiamava Sei settimane: una vera e propria maratona delle lettere tricolori, che dopo due ore passate al pronto soccorso - per sfinimento del vostro racconta balle -, si trasformò in Sei giornate per salvare appunto la salute del vostro racconta balle).
Dicevo di Culicchia. Un autore di cui ho letto tanto: almeno dodici titoli, da Tutti giù per terra ad Ambarabà, da Bla bla bla a Paso Doble, da A spasso con Anselm a Un'estate al mare. Per non dire di tutti i suoi libri sul Toro e sulla sua Torino (Ecce Toro o Torino è casa mia). Intanto sottolineo ancora ai miei avvertiti lettori che di fronte abbiamo un tifoso sfacciato del Toro: non si era capito, vero?! Uno da curva Maratona. Uno che canta. I granata sono qua, i granata sono qua, non importa dove il Toro giocherà, i granata sono qua. 
Voglio bene a Culicchia, perché Giuseppe non è uno che se la tira. Quando l'ho conosciuto aveva un problema al ginocchio. Doveva farselo vedere, ma preferiva il dolore ad una visita nella stanza di un ortopedico, Avete capito il personaggio. E cosa fa Culicchia per spingere Gianni Paris a scrivere una recensione dopo dieci anni?... Scrive un romanzo breve, ma dalla forza narrativa stupefacente. Scrive 129 pagine spettacolari, cazzarola. Mette insieme una storia sul calcio e sulla vita. Titolo: Ma in seguito a rudi scontri, edito da Rizzoli. Due personaggi perfetti. Da un lato, Ermanno Zazzi, soldato fascista e grande amatore, che dopo la guerra sposa la sua Aida, donna veneziana conosciuta nel suo bordello preferito, e da cui nasce il figlio Francesco, detto Franz. Dall'altro, Franz Hrubesch, soldato delle SS, grande amico dello Zazzi. Il militare tedesco ha perso la sua famiglia nell'orrore della campagna di Russia, nel bombardamento di Dresda, eppure è ancora in grado di pensare a donare la sua vita per un ideale che a tanti appare sempre più sbiadito. Siamo nel 1945 a Torino. 
Giuseppe Culicchia
La storia ci fa vivere l'attesa prima del derby tra il Toro e quell'altra squadra cittadina, quella che Zazzi non riesce neanche a nominare, quella che Zazzi dice essere la squadra che ruba le partite. E così, mentre sulle colline si vivono gli ultimi scontri tra fascisti e partigiani, in città si attende il derby dei derby. Zazzi e Franz vanno allo stadio Mussolini (che prende il posto del Filadelfia danneggiato dai bombardamenti), non prima di aver fatto tappa al bordello frequentato dal nostro Zazzi. Entrano allo stadio e tra sfottò, cori contro i bianconeri e gol emozionanti, non ci importa come finisca la partita perché i personaggi di Culicchia sono vivi e ci parlano di un fattore ormai in decadimento, ovvero l'amicizia. Anche di quella concessa ad un comunista rivoluzionario, che viene salvato da una possibile pallottola perché torinista. Insomma, Culicchia salva tutti. A patto che indossino la maglia granata.    

SIMENON: MINACCE DI MORTE


Minacce di morte e altri racconti
Alla fine degli anni Trenta, pur avendo dichiarato solennemente di non voler più scrivere polizieschi, Simenon, che ha un tenore di vita sempre più dispendioso e non è del tutto soddisfatto dei ritmi e delle tirature con cui il suo nuovo editore, Gaston Gallimard, manda in libreria i suoi romanzi, comincia a essere fortemente tentato dall'idea di richiamare in servizio il commissario Maigret, senza però che questo comprometta l'immagine di "letterato" che si sta costruendo. Problema non facile da risolvere. A sciogliere il nodo sarà un evento capitale: la guerra, con l'occupazione della Francia nel giugno 1940 e le crescenti difficoltà nell'approvvigionamento di risme di carta. Lo stesso Gaston Gallimard lo dirà senza mezzi termini a Simenon: gli sarà più facile procurarsela, la carta, se servirà per stampare le inchieste di Maigret. E così, nel 1942, in "Cécile è morta" i lettori ritroveranno il commissario tranquillamente installato nel suo ufficio del Quai des Orfèvres, accanto alla celebre stufa di ghisa. I cinque racconti contenuti in questo volume, scritti tra il 1938 e il 1941, appartengono proprio a quel periodo di incertezza: tant'è che se nei primi due Maigret è ancora in pensione e in "Vendita all'asta" è diventato, abbastanza incongruamente, capo della squadra mobile di Nantes, negli ultimi due è di nuovo a Parigi, pronto a rimettersi a indagare insieme ai suoi uomini.

SCERBANENCO: VENERE PRIVATA


Venere privata"Il mondo di Scerbanenco è un mondo completamente nero e immobile. I romanzi di Scerbanenco non conoscono nessuno svolgimento. L'unico svolgimento riguarda il lettore, cui Scerbanenco somministra la realtà dei fatti a piccole dosi, poco per volta. Ma la realtà, l'orribile nera realtà c'è da sempre, è sempre quella e continuerà ad essere quella dopo che il teatrino del bene avrà chiuso il sipario. A chi, cittadino di questo disperatissimo mondo, non abbia propensione al suicidio, non restano che due vie: o la completa distrazione o l'assuefazione. La vita è una droga, o la combatti con altre droghe o l'assumi fino in fondo." (Dalla prefazione di Luca Doninelli). In appendice "Io, Vladimir Scerbanenko".

MOROZZI: BLACK OUT


Blackout
Un torrido ferragosto a Bologna. Per un blackout tre persone si trovano chiuse in un ascensore: Claudia, studentessa omosessuale che per finanziarsi gli studi fa la cameriera in una tavola calda; Tomas, residente in quel condominio; Ferro, proprietario di una discoteca, efferato serial killer. Ferro non abita in quel condominio, ma vi ha un pied-à-terre che usa per seviziare e torturare le sue vittime. E in quella afosa giornata, Ferro stava proprio raggiungendo una sua vittima, precedentemente incatenata a una sedia. Nessuno dei tre riesce a comunicare con l'esterno, il condominio è deserto per il ferragosto e le loro grida rimbombano nel vuoto. I pochi metri che i tre devono dividersi diventano sempre più angusti, l'aria irrespirabile...

BARTOLOMEI: LA BANDA DEGLI INVISIBILI

La banda degli invisibili
A ottantasette anni si dovrebbe avere di meglio da fare che brigare per un amore irraggiungibile, impegnarsi in azioni di disturbo alle auto blu in corsia preferenziale e studiare un piano per rapire... Silvio Berlusconi. Ma Angelo è un ex partigiano che tendeva agguati ai convogli della Wehrmacht, che sopravvive con la pensione minima, che non riesce più a far valere i propri diritti nemmeno con un impiegato del comune e che lotta quotidianamente contro una società che fa di tutto per farlo sentire inutile. E così, proprio quando sarebbe lecito disinteressarsi del mondo e pensare solo a trascorrere serenamente gli ultimi anni di vita, Angelo decide di reagire e di ottenere dall'uomo più potente del Paese ciò che secondo lui gli spetta di diritto. Insieme ad alcuni amici del centro anziani metterà a punto un piano incruento e geniale, che però sembra non tenere conto di una questione fondamentale: come possono sperare dei vecchi malconci di riuscire a rapire uno degli uomini più scortati al mondo?

ITALIA FABBRICA DEGLI SCANDALI


Italia. La fabbrica degli scandali
La storia italiana non coincide necessariamente con quella del malaffare, ma forse può essere raccontata - più che in altri paesi - attraverso intrighi politici, mediatici e istituzionali che di solito vengono sintetizzati da una sola parola: scandalo, appunto. Spesso, però, il turbamento della coscienza collettiva cede il posto all'assuefazione, favorita anche dal controllo dei mezzi di informazione. Un potere costituito che scende a patti con l'illegalità ha caratterizzato fin dall'inizio il Regno d'Italia, ma certo non ne sono stati immuni né la Repubblica, né alcuni ambienti ecclesiastici, tanto che la fabbrica degli scandali continua anche oggi a lavorare a pieno regime. Alla sonnolenza del periodo di incubazione degli scandali, sono spesso seguiti bruschi risvegli, vampate di rabbia, scossoni istituzionali, ma non si è ancora riusciti a debellare quello che erroneamente viene definito un tratto distintivo dell'italianità, ed è invece una pratica consolidata di circoli tutto sommato ristretti ma molto influenti. E intanto gli ingranaggi del malcostume e della corruzione seguitano a girare incessantemente...


ANDREA DE CARLO: CUORE PRIMITIVO

Cuore primitivo
Mara Abbiati, scultrice di grandi gatti in pietra, e suo marito Craig Nolan, famoso antropologo inglese, hanno una piccola casa di vacanza vicino a Canciale, paesino ligure arrampicato tra il mare e l'Appennino. Un mattino d'estate Craig sale sul tetto per controllare da dove sia entrata la pioggia di un temporale estivo, e ci cade attraverso, quasi spezzandosi una gamba. Alla disperata ricerca di qualcuno che gli aggiusti la casa, vengono in contatto con Ivo Zanovelli, un costruttore con molte ombre nella vita. Nel corso di pochi giorni di un luglio incandescente l'equilibrio già precario di ognuno dei tre si rompe, e fa emergere con violenza dubbi, contraddizioni, desideri fino a quel momento dormienti. In "Cuore primitivo", il suo diciottesimo romanzo, Andrea De Carlo utilizza le tecniche di spostamento della prospettiva sviluppate in "Giro di vento", "Leielui" e "Villa Metaphora, per raccontare a capitoli alterni le ragioni dei tre protagonisti in tutta la loro complessa, incontrollabile verità.

MOROZZI: RADIOMORTE



RadiomorteVi presentiamo i Colla: l'incarnazione di un ideale. Padre di successo, madre affettuosa, figlio maggiore bello e capace, figlia minore intelligente e sensibile. Cosa fanno di mestiere? Sono mercanti di felicità. Mostrano al mondo che diventare come loro si può, basta acquistare il bestseller di Fabio Colla "La famiglia felice al tempo della crisi". Milioni di lettori lo hanno già fatto e oggi i quattro sono invitati a parlare della loro ricetta infallibile in una sperduta radio di provincia. Ma una volta entrati in studio, senza cellulari per non disturbare la trasmissione, l'intervista prende una piega spiacevole. Le domande si fanno incalzanti. Poi le porte si chiudono. Infine Kristel, la giovane dj, comunica soavemente che uno dei quattro non uscirà vivo di lì. Chi? Lo decideranno loro. Non esiste un modo per salvarsi. Ma è possibile ritardare il gran finale comprando tempo in cambio di parole: raccontando i più terribili segreti. E dal passato dei Colla riemergono gli incubi rimossi della "famiglia perfetta". Sospinti dalla paura, i Colla mostrano il loro vero volto. E il mito dell'armonia familiare si dissolve in una trama sempre più nera... In questo romanzo dal ritmo serrato Gianluca Morozzi ritrova le atmosfere e la suspense di "Blackout", chiudendo tra le quattro mura di uno studio radiofonico un gioco di specchi, di verità, di orrori sepolti nell'idillio dell'Appennino bolognese.