


Questo è l'inferno: non sapere da quanto tempo sei all'inferno. Sono mesi o minuti che cammino in questo bosco desolato? Sto cercando la piramide da due giorni o da vent'anni? Se potessi farlo, mi strapperei il cuore con le mani. Ma non posso. Non con queste mani. E allora lo supplico, il mio cuore. Gli chiedo di fermarsi. A ogni passo grido: Ti prego, fermati! Liberami! Perché ti ostini a funzionare? Fammi morire! Dentro questo bosco, io ci sono da vivo. E anche l'inferno è preferibile agli Annientatori.
«Quand'è iniziato il percorso che mi ha portato a quest'inumana dannazione?» A chiederselo è Giulio Maspero, giovane autore bolognese con due radicatissime passioni: la scrittura e le ragazze. Due strade certe per la rovina. Infatti, tra qualche romanzo più o meno di successo e qualche flirt non proprio innocente, nel mezzo di una calda estate si ritrova senza fidanzata - soprattutto senza la sua casa in cui vivere comodamente - e privo della pace necessaria per completare il romanzo che possa liberarlo, una volta per tutte, dalle insidie di un conto pericolosamente in rosso. Ma poi, in una delle sue serate solitarie in giro per Bologna, si imbatte in un fumettista cialtrone e grottesco in partenza per l'Uruguay, che gli offre di trasferirsi a casa sua per prendersi cura delle piante durante la sua assenza. Una casa piccola, in periferia, senza l'aria condizionata e con vicini invadenti... ma pur sempre una casa gratis. Così Giulio, risollevato da quest'improvvisa fortuna, si trasferisce. Ma perché i vicini, tutti parenti tra loro, sono così gentili e accoglienti? E perché in quella mansarda non ci sono piante? Meglio non chiederselo, forse, visto quant'è affascinante e disinibita la nuova dirimpettaia... Sempre in equilibrio tra reale e surreale, con la consueta abilità Gianluca Morozzi accompagna i suoi lettori lungo una storia in cui, a poco a poco, dalle piccole crepe che si aprono in una situazione comune, filtra l'oscurità inquietante che si nasconde dietro la «normalità».
È da tempo, ormai, che Lapo ha lasciato il suo paesino di campagna per trasferirsi in una grande città e inseguire il suo sogno: diventare un illustratore. Le dolci colline, i campi di grano e il mare quieto di casa sua sono un ricordo sempre più lontano, fino a quando… Driiiiin! Lapo riceve una telefonata: suo padre, conosciuto da tutti come “Cespuglio di more” per via della sua chioma sempre più aggrovigliata, ha bisogno di lui. Per Lapo è giunto il momento di mettere i sogni da parte e tornare a casa. Ma ad aspettarlo c’è un’incredibile avventura, fatta di amicizie vecchie e nuove, di tramonti, di alberi speciali… e di matite colorate! Un tuffo nel passato e nella natura che svela a Lapo un profondo segreto: i sogni non vanno trascurati, ma coltivati, perché, proprio come piccoli semi, sono in grado di dare vita a grandi storie.

Invece, ciascuno di loro ha dimostrato che è possibile andare in capo al Mondo, in capo al proprio Mondo. Francesco, non vedente, che in bicicletta percorre i passi delle Dolomiti; Fabiana, affetta da sindrome di down, che pubblica un libro di poesie; Matteo, autistico, che affronta gli esami universitari, ce lo dimostrano e ci portano in quel luogo, neanche troppo lontano, dove è tutto straordinariamente possibile. Grandi persone, che hanno trasformato gli ostacoli in punti di partenza, riscrivendo la grammatica della vita: via i periodi ipotetici, avanti il presente e il futuro, che sono i tempi della realtà. In capo al Mondo – Un viaggio, tredici storie, infinite possibilità è il racconto di chi ha scelto di non arrendersi di fronte alle difficoltà, trasformando gli ostacoli in punti di partenza. Erri De Luca firma la nota di accompagnamento al libro.
Sedici racconti (scritti nel periodo fine 2013 - inizio 2015) tra l’onirico e il visionario, vergati con disinvoltura nello stile accattivante di una prosa fresca e fluida, si susseguono e intersecano in modo solo in apparenza casuale. Immagini simbolico-metaforiche assumono le sembianze di oggetti, luoghi, personaggi che interagiscono in una dimensione surreale. Le scene si aprono su situazioni apparentemente comuni per poi prendere una piega inaspettata, dove i protagonisti per primi si stupiscono di ciò che sta accadendo. Si insinua il dubbio che si tratti di realtà, dell’unica possibile e che l’esistenza non possa essere altro che un sogno sognato da altri, la cui logica ci è incomprensibile.

Quando l’amore irrompe nella nostra vita e la cambia da un giorno all’altro portandovi un soffio potente di gioia e pienezza, vorremmo gridare al mondo quanto è forte e bello ciò che stiamo vivendo. Ma spesso è difficile – se non impossibile – trovare le parole. La forza dell’amore, quello vero, è tale da renderci muti o balbettanti. Per fortuna c’è la poesia. C’è chi ha il dono della poesia e, cantando di sé, canta di tutti noi. Valeria Di Felice lo ha fatto senza paure, senza reticenze, senza preoccuparsi di benpensanti e perbenisti. Nelle sue liriche c’è tutto quello che esplode e si accende tra un uomo e una donna innamorati. Ci sono la carne, il cuore e la testa. Ma, su tutto, c’è una persona che, amando, scopre e rinnova se stessa. Ci siamo tutti noi nel momento magico in cui l’amore arriva imperioso e ci chiama al cambiamento.
Nella Venezia di oggi si ritrovano un vecchio telecronista di calcio che sta perdendo l'uso della parola, un professore di liceo con ambizioni troppo grandi e un giovane dai molti talenti a caccia di anziane signore facoltose. Hanno una vendetta da compiere, una famiglia da salvare e tante delusioni da riscattare. Sono pronti a cambiare sé stessi per amore o per soldi. Si lanciano nelle avventure piú inattese, fanno scelte comiche e dolorose. Ma questo romanzo sa come seguirli.Venezia, oggi. Nella città piú globale del mondo, tre uomini sono a un punto di svolta della loro vita: per disperazione, ambizione e insoddisfazione. Il primo è Nereo Rossi, il telecronista di calcio piú famoso d'Italia; sta per perdere l'uso della parola per una malattia. Sa che gli resta poco tempo, ma prima vuole vendicarsi del suo rivale. Per farlo sfrutta le conoscenze che gli ha procurato il suo mestiere: coinvolge l'uomo piú potente d'Italia, che gli deve alcuni favori, e si fa accompagnare da un giovane biografo a cui racconterà la sua vita. Il secondo è Adriano Cazzavillan, quarantacinquenne professore di liceo: vorrebbe guadagnare di piú e far vivere meglio la sua famiglia; sfrutta l'unica possibilità che la nostra epoca offre alle persone come lui. Cosí suscita l'invidia dei colleghi e perde il lavoro. Nell'ultima parte del romanzo si lancia in una indimenticabile avventura per salvare suo figlio Gilberto, rimasto intrappolato da una forza oscura. Il terzo è Carletto Zen, trentenne tuttofare, che è stato risucchiato dal «Gorgo», come lo chiama lui, cioè l'attività economica dominante in città, il turismo: accompagna gli stranieri nei bed&breakfast, fa le pulizie, e intanto cova desideri di rivalsa: circuire anziane proprietarie di palazzi, ricche vedove bisognose di compagnia. Non ha certo l'aspetto del seduttore, ma le sue prodigiose e buffe qualità nascoste lo hanno già reso una leggenda. Il nuovo romanzo di Tiziano Scarpa fa incursioni nei centri di potere romani, nei gangli della grande editoria milanese, ma gravita principalmente a Venezia, «la città delle facce»: il luogo che attrae tutte le nazionalità, tutte le fisionomie del mondo, con le loro storie singolari dietro volti di ogni tipo. Con tenerezza, comicità, intelligenza, intensa compartecipazione, Il cipiglio del gufo racconta come sfruttare le possibilità che si hanno, in diverse età della vita, per salvare sé stessi e gli altri, o per condannarsi da soli.

Già pubblicato in edizione limitata da un marchio di garanzia e di prestigio qual è l’Opera Nazionale Montessori, questo volumetto rinasce ora in vesta nuova per i tipi del Gruppo Editoriale Raffaello e con il Patrocinio della Fondazione Montessori di Chiaravalle. Impreziosito da un CD con musiche originali e voce di Paolo Capodacqua, è adatto per bambini anche piccolissimi.
Cosa fareste se un giorno, facendovi crescere la barba,
scopriste che siete il sosia perfetto di uno dei più importanti registi
italiani di tutti i tempi? Prima di rivelare come si comporta il protagonista
di questa storia, è necessario fare un passo indietro. Bruno Bruni è uno
scrittore di nicchia. Ha esordito come poeta, poi – su consiglio del suo agente
– si è dedicato alla narrativa, senza mai sfondare. Ma non si dà per vinto, e,
mentre per vivere traduce opere di fantascienza cyber-punk, cerca di scrivere
il Grande Romanzo Italiano, quello che farà scattare l’agognato passaparola e
correrà allo Strega, quello che tutti – editori, critici e lettori – stanno
aspettando. Ma più ci prova più si allontana dalla meta e si deprime davanti al
foglio bianco. La sola consolazione nella vita di Bruno è Selvaggia: una
ragazza d’oro, che fa la pole dancer in un locale notturno, che è libera e
schietta quanto il suo nome. E che continua ad amarlo e a credere in lui
ostinatamente. Fino a quando viene licenziata e la situazione si fa ancora più
preoccupante. È qui che Bruno si lascia andare e si fa crescere la barba. Gli
basta una giornata per rendersi conto che al supermercato, per strada, al
ristorante, in palestra, tutti lo scambiano per Nanni Moretti. Sarà Selvaggia a
convincerlo a sfruttare le doti da imitatore che ha fin da bambino, a studiare
la biografia e l’eloquio del regista e a trasformarsi in un suo clone.
Spacciandosi per Moretti e la sua assistente, i due cominciano a girare
l’Italia approfittando dell’ospitalità generosamente offerta da sindaci e
organizzatori di festival, che non vedono l’ora di far assaggiare loro i piatti
tipici del territorio, intrattenerli con gli avvincenti racconti della storia
locale e proporsi per una particina nel nuovo film del maestro. Bruno inizia a
sentirsi sempre più a suo agio nei panni di Nanni Moretti, ed è sull’orlo di
una crisi identitaria che rischia di compromettere i suoi grandi progetti
narrativi, quando alla coppia si presenta un’occasione irrinunciabile: un invito
alla Mostra del Cinema di Venezia. Essere Nanni Moretti è una lucida ed
esilarante satira dei vizi e delle distorsioni dell’industria culturale
italiana di questi anni. È una riflessione lieve ma penetrante sull’identità,
le aspirazioni, l’ammirazione, l’invidia e l’accettazione di sé. E, infine, è
il racconto della vicenda di due irresistibili sconfitti, un po’ imbroglioni un
po’ sognatori, di cui è impossibile non innamorarsi.


