Le volte precedenti, mi ero trovata catapultata in situazioni inconoscibili ai più, avevo provato emozioni forti e sorriso di qualche personaggio che, sebbene mariuolo, aveva un salvagente per stare a galla nella mia simpatia. Chi lo sa quale reazione intendeva provocare Paris, ma per me il Giorgio de L’ultima scommessa è il prototipo dell’antipatico socialmente nocivo. Indifendibile, ma sia subito chiaro, non perché ha truccato le partite, ma perché ha vissuto tenacemente fin dall’i nfanzia nel modo più funzionale per arrivare a farlo.
Da piccolino idolatra un star - macchina da gol - poi si dedica al pallone più che a ogni altra attività da ragazzini, così cresce nel corpo ma non nel carattere; arrivato in squadra lascia che lo spogliatoio avvii la distruzione della morale personale . “Non si fanno sgarbi”, e lui capisce: non devo segnare. Diventa direttore sportivo, gli dicono “fai tu” per il bene delle casse della squadra e lui esegue il non esplicitato, alla faccia dell’etica. Sì, certo, poi si pente, confessa e si dispera, proprio come un Narciso stramazzato sott’ acqua a furia di specchiarvisi.
Se esistesse solo lui, quel Giorgio, potrei anche averne compassione e rallegrarmi che il climatizzatore abbia fatto il botto! Ma il calcio, in quanto ubriacatura nazionale, esiste per la muta e mutua complicità di tanti “Giorgio in versione passiva” che inducono i “Giorgio in versione attiva” ad agire.
Gli amici e i parenti non vedono, non intuiscono, brancolano nel biancore dell’innocenza. Una sterminata genia d’idioti?
Ah le mogli che s’accorgono d’essere infelici solamente dopo che il marito è sputtanato! E i “Pascucci” che non sapevano , oibò, che il loro direttore sportivo truccava le partite?
Son pochi i mestieri che si possono fare tutta la vita restando “uomini” , senza diventare pedine. Calcio, ma salendo un po’ più su, Politica.
Chi ci sta dentro troppo a lungo alla fine somiglia a quegli ombrelloni da spiaggia dimenticati. Sporchi e laceri, non servono allo scopo utile e deturpano il paesaggio.
E’ strano aver letto un libro che l’autore dice d’esser d’altri, è un po’ quei gol di destrezza che lasciano sospettare, ma non vedere, il decisivo intervento di una manina. Magistrale. Da avvocato, direi!
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